Emblemi,
Sicilia 2017
“Nuovo arrivato e affatto ignaro delle lingue del Levante, Marco Polo non poteva esprimersi altrimenti che con gesti, salti, grida di meraviglia e d’orrore, latrati o chiurli d’animali, o con oggetti che andava estraendo dalle sue bisacce: piume di struzzo, cerbottane, quarzi, e disponendo davanti a sé come pezzi degli scacchi. Di ritorno dalle missioni cui Kublai lo destinava, l’ingegnoso straniero improvvisava pantomime che il sovrano doveva interpretare: una città era designata dal salto d’un pesce che sfuggiva al becco del cormorano per cadere in una rete, un’altra città da un uomo nudo che attraversava il fuoco senza bruciarsi, una terza a un teschio che stringeva tra i denti verdi di muffa una perla candida e rotonda. Il Gran Kan decifrava i segni, però il messo tra questi e i luoghi visitati rimaneva incerto: non sapeva mai se Marco volesse rappresentare un’avventura occorsagli in viaggio, una impresa del fondatore della città, la profezia d’un astrologo, un rebus o una sciarada per indicare un nome. Ma, palese o oscuro che fosse, tutto quel che Marco mostrava aveva il potere degli emblemi, che una voltasti non si possono dimenticare né confondere”
—Italo Calvino, Le Città Invisibili
“Newly arrived and totally ignorant of the Levantine languages, Marco Polo could express himself only with gestures, leaps, cries of wonder and of horror, animal barkings or hootings, or with objects he took from his knapsacks—ostrich plumes, pea-shooters, quartzes—which he arranged in front of him like chessmen. Returning from the missions on which Kublai sent him, the ingenious foreigner improvised pantomimes that the sovereign had to interpret; one city was depicted by the leap of a fish escaping the cormorant’s beak to fall into a net; another city by a naked man running through fire un-scorched; a third by a skull, it’s teeth green with mold, clenching a round, white pearl. The Great Khan deciphered the signs, but the connection between them and the places visited remained uncertain; he never knew whether Marco wishes to enact an adventure that had befallen him on his journey, an exploit of the city’s founder, the prophecy of an astrologer, a rebus or a charade to indicate a name but, obscure or obvious as it might be, everything Marco displayed had the power of emblems, which, once seen, cannot be forgotten or confused.”
—Italo Calvino, Invisible Cities
Sicilia 2017
“Nuovo arrivato e affatto ignaro delle lingue del Levante, Marco Polo non poteva esprimersi altrimenti che con gesti, salti, grida di meraviglia e d’orrore, latrati o chiurli d’animali, o con oggetti che andava estraendo dalle sue bisacce: piume di struzzo, cerbottane, quarzi, e disponendo davanti a sé come pezzi degli scacchi. Di ritorno dalle missioni cui Kublai lo destinava, l’ingegnoso straniero improvvisava pantomime che il sovrano doveva interpretare: una città era designata dal salto d’un pesce che sfuggiva al becco del cormorano per cadere in una rete, un’altra città da un uomo nudo che attraversava il fuoco senza bruciarsi, una terza a un teschio che stringeva tra i denti verdi di muffa una perla candida e rotonda. Il Gran Kan decifrava i segni, però il messo tra questi e i luoghi visitati rimaneva incerto: non sapeva mai se Marco volesse rappresentare un’avventura occorsagli in viaggio, una impresa del fondatore della città, la profezia d’un astrologo, un rebus o una sciarada per indicare un nome. Ma, palese o oscuro che fosse, tutto quel che Marco mostrava aveva il potere degli emblemi, che una voltasti non si possono dimenticare né confondere”
—Italo Calvino, Le Città Invisibili
“Newly arrived and totally ignorant of the Levantine languages, Marco Polo could express himself only with gestures, leaps, cries of wonder and of horror, animal barkings or hootings, or with objects he took from his knapsacks—ostrich plumes, pea-shooters, quartzes—which he arranged in front of him like chessmen. Returning from the missions on which Kublai sent him, the ingenious foreigner improvised pantomimes that the sovereign had to interpret; one city was depicted by the leap of a fish escaping the cormorant’s beak to fall into a net; another city by a naked man running through fire un-scorched; a third by a skull, it’s teeth green with mold, clenching a round, white pearl. The Great Khan deciphered the signs, but the connection between them and the places visited remained uncertain; he never knew whether Marco wishes to enact an adventure that had befallen him on his journey, an exploit of the city’s founder, the prophecy of an astrologer, a rebus or a charade to indicate a name but, obscure or obvious as it might be, everything Marco displayed had the power of emblems, which, once seen, cannot be forgotten or confused.”
—Italo Calvino, Invisible Cities